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Maremma ROSSA  Antimperialista.

MUSICA&RIBELLIONE : IL TRIONFO DELLA SUBCULTURA PUNK

22 Aprile 2020 , Scritto da SIEMPREREVOLUCION Con tag #Musica&Ribellione, #Punk, #Anarchia, #socialismo

Il blog SIEMPREREVOLUCION pubblica 12 capitoli del testo :
Musica&ribellione “Da WOODY GUTHRIE a THE GANG” scritto da Maurizio Cerboneschi (Sandino)tra fine ’90 e inizio ’93.
Si tratta di un viaggio culturale/antagonista attraverso la musica folk, rock, punk-reggae, hip hop... e dintorni, troveremo alcuni artisti che sono stati a fianco di coloro che per generazioni hanno lottato per la libertà, la giustizia, l'autodeterminazione dei popoli, …musicisti/colonna sonora di chi credeva che un mondo diverso era possibile.

Steve Ignoran vocalist dei CRASS gruppo vero esponente dell’anarkopunk

 

Capitolo 5      

 

Sia J.J.Lebel nel 1971 che Robert Fripp nel’74 avevano pronosticato quello che si sarebbe verificato  nella seconda metà dei ’70, ovvero l’esplosione del punk, con la parola d’ordine-riprendiamoci la vita, la musica, il futuro, tutto…..

Il pop-rock del passato, privo d’identità, vuoto, pura semplice immondizia, subì un attacco oltraggioso dalla sub cultura Punk, che portò allo scoperto la sua merce-finzione e gli hippies nuovi miliardari, gestori del mercato delle idee.

L’emergente sottocultura nihilista, era l’esaltazione del posticcio, del diverso, dell’ inautentico, nata o ingigantita dall’inventiva pubblicitaria di Malcom Mc Laren,  ideatore e fottitore dei “New York Dolls” prima e dei  “Sex Pistols”dopo, il gruppo come sappiamo durò dalla sera alla mattina o poco più,  ma senza saperlo e senza  ombra di dubbio aprì  la strada a una subcultura che dalla  metà dei ’70 cambiò il modo di fare musica e diventò un’espressione generazionale che combattè  il business discografico e l’anacronistico “Englishway of life”: il modello di vita che scaturiva dalle infinite contraddizioni della società inglese, dove esistevano i neri dei ghetti e la carrozza dorata della regina, tre milioni di disoccupati e le grandi feste dei lords, la violenza dei sobborghi e il matrimonio farsesco della casa reale.

In una società all’estremo conservatorismo, prossima alla tirannia Tatcheriana, ricolma di problemi; immigrazione, Irlanda del nord, declino dell’espansionismo coloniale, l’onda d’urto del Punk anarchico porta nuove forme di lotte antagoniste, rifiuto delle ideologie e di conseguenza raccolse il malcontento di vari settori sociali.

Si intrecciarono legami con la minoranza Giamaicana e uscì quel “ Rasta Punk connection” che sconvolse le metropoli inglesi “una sottocultura che si pone anche, e molto esplicitamente come rabbiosa critica dei movimenti precedenti, degli hippies e delle loro ottimistiche illusioni, e che insieme costituisce forse la fase di maggiore coincidenza tra  comunità nera e gruppi giovanili bianchi (coronata dall’incisione di Bob Marley di” Punk reggae Party”, ma anche un continuo richiamo al reggae e ai Rude Boys da parte  del gruppo punk “estremista “CLASH).

Ma anche un movimento che riprende tutta l’esperienza avanguardista europea, risalendo dai situazionisti a Dada, e che quindi sposta per la prima volta l’asse della ricerca d’avanguardia dalla borghesia colta alle frazioni giovanili della “WORKING CLASS” (1)

 

Dal’ 76 in poi il movimento autonomista/spontaneista punk. Con vestiti laceri, spille da balia, lamette, catene, capelli corti con creste colorate o in ogni qual modo rovinati, trasportati dall’energia Nihilconfusionaria  dei “Sex Pistols “di   Jhonny Rotten e Sid Vicius e dall’infantilcomunismo dei “Clash di Joe Strummer e Mick Jones, trovò la spinta necessaria per gridare la propria collera; basta con questa società immobile e assurda, con questa vita squallida, con questa apparenza soffocante.  La musica riprendeva il suo ruolo di aggregazione e denuncia, ovunque prosperavano formazioni punk, saper suonare non importava, bastava poca attrezzatura a basso costo e via con improvvisati concerti, fatti in piccoli locali (garage, club,pub,..) dove artisti e pubblico erano una unica cosa.

Il movimento embrionale e caotico del primo periodo andò via via delineandosi nella prassi totale di gruppi  antagonisti come i “CRASS”, primi “DISHARGE”, “ZOUNDS” “POISON GIRL”, “CONFLICT” e….. per prassi totale si intendeva autogestione: produzione, distribuzione e prezzo del vinile (tutto lontano dalla mercificazione capitalista). Questa linea di rottura completa con la cultura dominante, si rifletteva anche nella loro vita di strada, molte furono le occupazioni di case o altri centri (Rainbow Theatre, Club zig zag,…). Che videro bands direttamente partecipi, come ad esempio i “Crass”, promotori tra l’altro di una piccola etichetta discografica, la “Crass record”, sottoposta a continue ispezioni di Scotland Yard.  Più che dischi la “Crass record” sfornava slogan, frasi e canzoni dissacranti, una vera fucina per sovvertire l’ordine costituito.”I testi dei Crass sono un impasto di pezzi di vetro e polvere da sparo, non un veicolo di slogan e pensieri da libretti rossi e verdi che quando arriva  al destinatario è una carogna fredda, ma una frustata in piena faccia che ti fa male e ti scuote fino a farti togliere il disco, non certo qualcosa che puoi canticchiare o tenere sottofondo mentre sei sprofondato nella lettura di un cattivo romanzo” (2)

 

A causa della veemenza sovversiva dei loro testi e del loro vivere il quotidiano, Penny Rimbaud, Steve Ignoran, Eve Libertine; Phil Free….o meglio i”Crass” hanno subito denunce e arresti per vilipendio alla religione; “… le notizie riportate dai giornali a proposito di questa band politicizzata, parlano quasi sempre di tradimento della Patria, di oscenità e persino di collegamenti con il terrorismo. In merito al loro disco” How does it feel”, I Crass sono stati oggetto di una feroce campagna denigratoria che li ha trascinati in tribunale. In quella canzone avevano osato chiedere al primo ministro Margaret Thatcher“COME CI SI SENTE AD ESSERE MADRE DI MILLE MORTI”?, tanti sono quelli che si sono avuti durante il conflitto delle Falkland. Sicuramente si è trattato di un atto sovversivo compiuto proprio durante il culmine dell’orgia di celebrazioni nazionali della vittoria…..”(3) Costantemente sotto controllo e minacciati dalla polizia della  “Lady di ferro inglese” che impediva loro di parlare e li ha lasciati perfino aggredire da elementi   fascisti del  “National front, “.

I Crass,  a differenza della pochezza preparata in studio dei Sex Pistols, furono un  vero  kollettivo punk , capace di gettare nel panico l’ordine costituito inglese e porsi alla guida di migliaia di ragazzi alla deriva,  usarono il rock per diffondere idee di giustizia e speranza, perché “un giorno si riesca a creare una nuova filosofia di vita che non comprenda sofferenza e dolore, una filosofia che dia a tutti DIGNITA’  e INTEGRITA’…..(4)

 

Una parte di distribuzione della “Crass record” veniva affidata ad un’altra piccola label autonoma, la” ROUGH TRADE”,  un punto di convergenza della creatività e delle perplessità provenienti da ogni parte dell’Inghilterra fine ’70, un canale fondamentale per la diffusione vinilica della corrente punk e non, sia oltremanica che oltreoceano, tra i principali esponenti si poteva trovare i “Cabaret Voltaire”, The Poup Group”,, l’ex “Soft Machine” Robert Wyatt, Red Crayola,... le sconvolgenti formazioni femminili “Slits”, “Raincoast”, “Lora Logic” (il punk, aveva rotto il monopolio maschile del Rock). Bisogna tenere presente che “un sistema di distribuzione indipendente come Rough Trade  potè privilegiare le tendenze marginali soltanto per un breve periodo di confusione e creatività intense; quando tutto questo rientrò nella normalità, per poter sopravvivere, dovette adeguarsi a criteri di efficacia e redditività”..(5).

Le molte etichette indipendenti cercavano di instaurare un inedito modo di comunicazione e fruizione diversificata del prodotto, ad es. la “Factory Records” di Tony Wilson, legata ai “Joy Division” e ai” Derutti Column” in un booklet affermava: “Ogni prodotto della Factory è in qualche modo un tentativo di scuotere la relazione “passiva” del consumatore con l’oggetto del consumo, creando una situazione in cui il consumatore interroghi la natura del prodotto stesso; e attraverso questo risveglio iniziale scopra il suo posto nel ciclo di consumo/produzione/lavoro/tempo libero,cche costituisce la vita di ogni giorno nella società dello spettacolo “ (6)

 

Al nuovo corso discografico corrispose una parallela evoluzione editoriale autoprodotta, grazie alla comparsa delle  “Fanzines” (contrazione di fans e magazine-rivista dei fans), fogli, e riviste autogestite da emancipazioni giovanili, scritte e realizzate a basso costo, erano spesso vendute durante meeting politici e musicali o distribuite nel circuito alternativo underground senza nessun interesse a diventare un business o un’istituzione.  Al contrario i loro ideatori sparavano a zero sulla stampa sopravvissuta al Pop (ormai un fatto commerciale di grossa tiratura).

Con una grafica le più volte rozza e violenta, in dispregio al bello, quei fogli ciclostilati, serigrafati,  eliografati, … fotocopiati e pinzati a mano ( con una vita media di qualche settimana, non si contano quelle uscite per un solo numero), cercavano di raccontare  quello che succedeva in giro nella scena musicale e politico/sociale, erano un mezzo d’informazione e di partecipazione diretta della gioventù’ sotterranea (non più fruitrice passiva), erano la voce della controinformazione, sviluppavano la creatività attraverso fumetti, poesie, letteratura, mail art,… disseminavano rabbia e malcontento.

 

Nel giro di breve tempo, malgrado le variegate innovazioni impresse al patrimonio intellettuale, “lo stile punk” lo si poteva acquistare nelle grandi sartorie o nelle boutique “vogue” , la famosa rivista di moda Cosmopolitan  Ed. USA , uscì con un resoconto sul look punk dal titolo “Sbalordire e chic”. Un modo rivoltoso di vivere, ancora una volta veniva guardato con interesse da un capitalismo pronto ad adattarlo  agli interessi sovrastanti della borghesia.

I punks costantemente presenti nella mitica “King’s road”  via via si  trasformarono in “monumenti” o “foto ricordo” per turisti curiosi, che investiti da sputi e insulti, credevano di vivere un’esperienza emozionante.

In una condizione di repressione economica e politica, i  più inflessibili dello schieramento libertario, furono rispediti ai margini  della società da un’Inghilterra in crisi di identità, in pieno degrado economico, retta dallo “efficientismo “ Thactheriano, che forte dell’aumento della  destra programmò una campagna di ritorno all’ordine che, in prima fase prevedeva di ripulire le strade dai ladri, dagli spacciatori, dai vagabondi, dai tossici, di marginalizzare  i disoccupati e le minoranze etniche, in seconda fase la più importante, si impegnava a mettere a tacere una volta per tutte la classe lavoratrice. Cosa  pienamente riuscita al termine dei bui anni ‘ 80  .

 

Per rivedere oltremanica un vasto movimento popolare di disubbidienza civile dopo l’insurrezione di Brixton  1981  e il lungo sciopero dei minatori ‘84, bisogna attendere Il 1990, quando lady Maggie  varò la “Poll Tax”, il provvedimento più ingiusto e impopolare che sia riuscita a pensare nella sua lunga gestione del potere. ….”L’ultima volta che questa tassa venne proposta dal governo inglese era il XIV secolo, e in seguito alla rivolta dei contadini che provocò  fu ritirata e il primo ministro impiccato” (7) In sostanza si trattava di penalizzare pesantemente le fasce sociali a basso reddito per avvantaggiare la fascia benestante.

Le manifestazioni di protesta contro la “Poll Tax” con grande spontaneità si svolsero in tutto il paese, ci sono stati disordini provocati (come al solito) dalla polizia che in alcuni casi (finalmente) subirono  la peggior sorte.

Il Labour Party si è dissociato dalla contestazione, come fu assente nelle lotte dei minatori nell’84.

La battaglia di strada del popolo inglese è un monito ai governanti  delle “democrazie occidentali” che a loro modo tentano di ripristinare un nuovo medio evo.

Alle soglie degli '80, la disperazione e l’impotenza giovanile del  post punk, si notava chiaramente nei volti cerei dei ragazzi che persi nel mare metropolitano, stringevano nelle mani la cenere dell’ultimo fuoco.  “Ma la voce non l’hanno perduta  i figli rimasti senza eredità degli anni ’70 quelli venuti troppo tardi per avere qualcosa, anche solo una briciola dello splendore passato, forse anche solo qualche straccio di ricordo su cui impostare una vita di nostalgici lamenti.

Non hanno altro che la voce per urlare che la fine di una grande ex-potente nazione. Tutto l’after punk è questa voce che si fa lamentosa, funebre, l’unica voce che non ha orrore di guardare in faccia l’orrore ,tentare di comunicarlo. E i punks abitano l’unico territorio (difficile chiamarlo movimento) dove ancora vengono bruciati i cadaveri che altrove si riesumano cercando di preservarli disperatamente dalla decomposizione. Ma sono rimasti in pochi e la rivoluzione ancora una volta non è avvenuta”(8).

La consapevolezza di una vita senza speranza,avvicinò molti giovani sul versante negativo, contrapposto al mondo, qualcosa  li legava al concetto di autodistruzione, dell’essere contro, era la nuova tendenza “Dark”(oscuro).

Nello scenario musicale il dark si riconobbe e si incarnò nei “JOY DIVISION” di Yan Curtis che con un rock più semplice detto “new wave” realizzò una combinazione tra poesia decadente e sonorità affascinanti con  momenti sepolcrali; Curtis riportava alla mente Jim Morrison, cantava storie fortemente simboliche, immaginava tenebrose visioni, apocalittiche o comunque sempre intrise di pessimismo,  lo stesso pessimismo, che lo portò ad impiccarsi il 18 maggio 1980.

 

Se da un lato c’era la tristezza e l’introversione degli “Oscuri”, dall’altro c’era ancora la presenza di un nutrito gruppo di artisti irriducibili cresciuti nella punk revolution, mediante la sempre più diffusa “NEW WAVE” che spaziava nel folk, nella psichedelica, nel country, nel soul,  nel punk, nel blues,…… proseguirono la divulgazione del rock d’impronta politica, il loro impegno sociale, la loro solidarietà alle cause che ritenevano giuste da portare avanti non terminava con il classico concerto benefit dove uno canta e poi ciao…. Ma erano diretti partecipi in varie associazioni come: “Artist  against  apartheid, “red wedge” , “socialism Workers”,  tra i tanti artisti c’erano personaggi di notevole caratura intellettuale: Billy Bragg, Chris Dean (Redskin), Poul Weller (Styl Council)…. The Easterhouse, Working Week, Linton kwesi Jhonson, The U2, ...si esponevano per combattere e sostenere battaglie sociali come il lungo sciopero dei minatori inglesi,la causa irlandese, le lotte contro l’apaetheid in Sudafrica e nel mondo, contro la disoccupazione e il nucleare, …. Billy Bragg nel corso di un presidio contro le centrali nucleari fu arrestato insieme ad altri cinquecento manifestanti,  i “Redskins”,  più volte banditi dalla televisione per le loro idee socialiste, furono costretti dalla polizia ad interrompere un concerto per aver fatto salire sul palco un minatore che voleva tenere un discorso.

Chris Dean, leader del gruppo, affermava che la ribellione nella musica rock era pura falsità se mancavano certi presupposti: partecipazione diretta alle oneste rivendicazioni sociali, concreti ideali e basi culturali da portare avanti, essere in prima linea nelle situazioni che si vogliono  urlare e diffondere nei concerti, analizzando i suoi “Pellerossa” diceva:….ciò che ci differenzia dagli altri gruppi, è il fatto che noi diamo molta importanza all’argomentazione, all’informazione, a sensibilizzare la gente, sia si parli dello sciopero dei minatori, sia della lotta antiapartheid, sia del razzismo che dell’omosessualità.(9).

 

Nei live dei Redskins,  quasi sempre gratuiti,  l’informazione era la regola primaria non mancava mai, anzi a distanza di tempo è di obbligo riconoscere che l’impegno militante di certi artisti non era motivato da facile pubblicità o prospettve di lauti guadagni (apparte i dubbi su personaggi come  Paul Weller e i suoi Styl Council o  gli U2 di Bono Vox  e altri) ,ma da una vera Guthriana presa di coscienza.
Ciò non toglie di rimanere della convinzione che lottando  accanto  al partito riformista  “
Labour Party” (un fac-simile del PCI o partito della quercia), le possibilità di migliorare le condizioni di vita degli sfruttati, degli oppressi sono praticamente nulle, visto che di fatto il capitale lascia alle sinistre istituzionali (subalterne) brevi spazi di manovra, ovunque regna il capitalismo e il suo potere economico un vasto strato sociale vive e vivrà un’esistenza insostenibile, controllata e mantenuta entro il limiti di guardia dai secondini del potere: sindacati, partiti, massmedia, ……

Se in certi punti caldi, la macchina del Capitale non riesce a dominare le tensioni sociali, ecco che interviene l’apparato repressivo dello Stato (forze militari e paramilitari); il potere economico e politico usa ogni mezzo per non perdere i centri di potere e di privilegio; la penetrazione della droga in ogni strato sociale è un mezzo efficiente e remunerativo: il movimento alternativo italiano degli anni ’70 ne sa qualcosa, lo stesso i “Black panters” in USA, si sgretolarono sotto i colpi della “polvere bianca”;un’arma di controllo dell’antagonismo sociale, giusta dunque la citazione fatta a suo tempo da Jerry Rubin L’eroina e il più efficace agente controrivoluzionario”

C’è da dire che in molte parti del mondo, il solo modo per cambiare alla radice lo stato delle cose non è quello del parlamentarismo demagogico ma l’azione rivoluzionaria diretta.. occorre quindi accettare la  coraggiosa presa di posizione che  Steven Patrick Moressey degli “SMITHS”,  quando  pubblicamente dichiarò  riguardo al primo ministro del governo inglese: L’unica cosa che potrebbe salvare la politica Britannica è l’assassinio di  Margaret Thacther, la violenza, in questo caso, sarebbe giustificata: Si tratta di salvare la civiltà… il guaio dell’attentato di Brighton è che la Thacther è scampata. Il guaio è che è ancora viva. Di positivo c’è che finalmente L’IRA sceglie più accuratamente i suoi bersagli(10).

 

Dichiarazioni come questa sono crude, ma necessarie per sviluppare una coscienza al cambiamento di un ordine costituito, servono a far capire che quando  le parole non servono più occorrono i fatti. La libertà si conquista con la lotta in tutte le sue forme.

Nel mondo ci sono state situazioni limite, dove anche i preti hanno imbracciato un fucile o un mitra per lottare contro soprusi e violenze quotidiane, un classico esempio fu Camillo Torres che in Colombia entro nella guerriglia a 40 anni morì per la libertà della sua gente.

Riguardo invece  alla dura  lotta del 1984 del movimento dei  minatori inglesi, c’è da dire che l’arroganza politica dell’amministrazione Thatcher nei loro confronti, rigenerò  un rock di strada, solidale con gli oppressi e i perseguitati, artisti musicali e non, si ritrovarono spalla a spalla con gli scioperanti in una lunga ed estenuante rivolta, subendo arresti, processi, condanne, la Thacther e il suo apparato repressivo violava continuamente i più elementari diritti umani, chiaro che poi uscivano dichiarazioni come quella di Moressey,  per la gente del Kent, dello Yorkshire, del Nottingamshire, e del sud del Galles, la Gran Bretagna era diventata uno stato di polizia (20.000 poliziotti nei bacini carboniferi, 8.000 arresti, migliaia di denunce,…) costretta a non circolare per le strade e al confinamento in casa per non subire le aggressioni poliziesche. Poteva questa gente disperata , schiavizzata, ..piangere se un qualcuno  avesse ucciso il loro torturatore ?

 

I RedSkins un'altra spina nel fianco al Regime Tacheriano

 

(1) Andrea Colombo: il “manifesto (supplemento) Luglio  1989.pag.10

(2  Roberto Polce       : “scena” N°  11 -12   pag.. 57

(3 Vedi:”utopia comunitaria” AA.VV, volontà n° 3 1989 pag. 115-116

(4) vedi:      “          “               “              “              “   op. cit.                116

(5) David Buxton :  “ il rock star system e società dei consumi” ed. Lakota 1987  pag. 156

(6) Alberto Piccinini:”il manifesto” 6 luglio 1989 pag. 6

(7) vedi: “San carlone” aprile 1990 pag. 2

(8) Roberto Polce “scena n°11-12 pag.57

(9) Gabriele Fonseca : “Rockerilla N° 74  ottobre 1986 pag. 14

(10) Vedi: “mucchio selvaggio” n° 106 novembre 1986

 

 

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