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Maremma ROSSA  Antimperialista.

Il diritto del popolo saharawi di resistere all'oppressione

1 Ottobre 2020 , Scritto da SIEMPREREVOLUCION Con tag #saharaOcc., #Frontepolisario, #Marocco, #ONU

il Sahara occidentale è un territorio occupato, i saharawi non hanno alcun obbligo di obbedire alle leggi del Marocco. Il diritto internazionale riconosce il "diritto alla resistenza". Le Nazioni Unite hanno risoluzioni a riguardo e hanno persino riconosciuto espressamente come soggetti i movimenti di liberazione nazionale

Jorge Alejandro Suárez Saponaro * | ecsaharaui.com

In varie notizie leggiamo spesso di abusi e incidenti nelle proteste degli attivisti saharawi a favore dell'indipendenza nei territori occupati dal Marocco. A queste affermazioni, sempre di natura pacifica, rispondono duramente le forze di sicurezza del governo occupante.

Questi atti sono apertamente illegali e veri crimini internazionali. Nonostante il tentativo del Marocco di far credere che il Sahara Occidentale fa parte del suo territorio, giuridicamente parlando ci troviamo di fronte ad una "occupazione militare", condannata dalle stesse Nazioni Unite e persino implicitamente riconosciuta dal piano di insediamento del 1991, quando il Marocco si impegnò ad accettare lo svolgimento di un referendum sull'autodeterminazione sotto gli auspici delle Nazioni Unite.

In altre parole, ha riconosciuto l'esistenza di una controversia e che i presunti "diritti" che vanta sul territorio sono soggetti alla decisione della popolazione originaria, i saharawi. Ad un certo punto ha assunto la verità storico-giuridica, incarnata nell'opinione della Corte Internazionale di Giustizia del 1975, che ha chiaramente indicato che il territorio del Sahara Occidentale NON HA MAI FATTO PARTE DEL MAROCCO, né della "ENTITA' MAURITANA".

L'invasione marocchina del 1975-1976 trasformò il Sahara Occidentale in un territorio soggetto ad occupazione militare, facendolo quindi ricadere sotto il regime del Diritto internazionale umanitario o DIU, sancito nelle Convenzioni e nei Protocolli di Ginevra. Lo scopo del DIU è di limitare e mitigare le calamità della guerra, formate da norme consuetudinarie e scritte, oltre al principio della "Clausola Martens" che prevede in quei casi non previsti dalla legge, che sia i civili che i combattenti siano sotto la protezione e l'autorità dei principi del diritto internazionale che derivano dalle abitudini consolidate, dai principi di umanità e coscienza pubblica (conf. IV Convenzione dell'Aja, Preambolo e Protocollo aggiuntivo I alle Convenzioni di Ginevra del 1949, art. 1). Lo scopo della clausola Martens è di dare copertura legale a quelle situazioni che potrebbero sorgere nel corso delle ostilità e non erano contemplate dalle regole convenzionali, così facendo svolge anche la funzione di garantire la validità e la continua applicabilità di norme preesistenti non incluse nelle Convenzioni.

Il DIU protegge anche nei casi in cui i belligeranti non facciano parte dell'insieme dei trattati e siano inquadrati nella cosiddetta "consuetudine internazionale". Sull'esistenza di una controversia sulla sovranità o sul rifiuto di una delle parti di riconoscere lo status legale, la Croce Rossa Internazionale si è pronunciata a questo proposito nel caso palestinese, soprattutto a causa della situazione umanitaria nella Striscia di Gaza. "[…] La Convenzione di Ginevra non ha alcuna relazione con la sovranità delle parti in conflitto. La Convenzione di Ginevra si applica a tutti i casi in cui un territorio è occupato nel corso di un conflitto armato, indipendentemente dallo status di quel territorio". Pertanto, l'applicabilità della Convenzione di Ginevra è fuori discussione nel caso del Sahara.

Dato che il Sahara occidentale è un territorio occupato, i saharawi non hanno alcun obbligo di obbedire alle leggi del Marocco. Il diritto internazionale riconosce il "diritto alla resistenza". Le Nazioni Unite hanno risoluzioni a riguardo e hanno persino riconosciuto espressamente come soggetti i movimenti di liberazione nazionale. Non invano, il Fronte Polisario ha una rappresentanza in detta organizzazione internazionale. All'epoca, in un libro che abbiamo scritto su questo argomento, abbiamo detto "Lo Stato occupante può stabilire alcune regole che consentono una certa subordinazione, al fine di mantenere la sicurezza nel quadro delle Convenzioni di Ginevra, ma devono essere diverse dalle regole vigenti nel territorio occupato".

Lo Stato occupante ha la responsabilità di garantire il benessere della popolazione del territorio occupato, mantenendo i servizi pubblici essenziali, l'istruzione e la salute della popolazione. Lo Stato occupante non può modificare le leggi e le istituzioni dell'area occupata, deve rispettare i funzionari esistenti, la legislazione, il funzionamento della Croce Rossa/Mezza Luna Rossa e le organizzazioni di protezione civile. Il Marocco ha cancellato con la forza ogni traccia di istituzioni saharawi. Ha imposto le sue leggi, istituzioni, portato coloni, imposto i suoi tribunali, in aperta contraddizione con il diritto internazionale. In altre parole, ha annesso il territorio occupato al proprio, questo è considerato un crimine internazionale. Sono crimini internazionali anche il saccheggio delle risorse naturali così come le attività svolte, senza consenso, né partecipazione degli autoctoni del territorio.

La repressione delle manifestazioni pubbliche, come fu quella all'epoca del Campo di protesta di Gdeim Izik [ottobre-novembre 2010, ndt], seguita dalla repressione costante delle manifestazioni che richiedevano il rilascio dei prigionieri politici, il rispetto dei diritti umani, attraverso rivendicazioni di indipendenza, sono gravi trasgressioni alla IV Convenzione di Ginevra; i processi condotti contro gli attivisti saharawi sono nulli. A questo si devono aggiungere i gravi abusi contro gli attivisti del Campo di Gdeim Izik processati dai tribunali militari, violando il regime del DIU così come i trattati sui diritti umani, sui quali la potenza occupante ha degli obblighi.

Il cumolo di crimini è ampio, come il fatto non dare spiegazioni della scomparsa di circa 150 prigionieri durante la guerra di liberazione 1975-1991, oltre ad altre 400 sparizioni di civili durante gli anni più duri dell'occupazione. Sono crimini di guerra e contro l'umanità, sui quali la potenza occupante non ha voluto dare alcuna spiegazione.

Le norme dell'Aia, inquadrate all'interno del DIU, riguardano il regime di vita pubblica nei territori occupati. La potenza occupante le ha sistematicamente impedite, nel quadro di una politica di assimilazione forzata. Il rifiuto di legalizzare i sindacati, le associazioni civili e le ONG per i diritti umani sono gravi infrazioni che la potenza occupante commette da decenni, nonostante gli appelli della comunità internazionale.

Purtroppo, il veto francese in seno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha impedito alla missione di pace delle Nazioni Unite sul territorio di avere poteri di controllo dei diritti umani. A questo corrispondente, diversi anni fa, un ex casco blu riferì di come avesse visto un cittadino saharawi essere arrestato da una pattuglia di polizia, senza avere poi notizie di cittadino per molto tempo. Ha anche assistito al maltrattamento dei manifestanti pacifici da parte delle forze di occupazione. Tutto questo è possibile grazie alla complicità del paladino dei diritti umani, la Francia, che tante lezioni i suoi politici hanno impartito a noi sudamericani per il nostro passato...

Insomma, la legge è dalla parte dei saharawi, legittimando la loro pacifica resistenza ai continui abusi del potere occupante e al silenzio complice della comunità internazionale. Il regime di Rabat ha molte spiegazioni da dare. La negazione dell'esistenza di un sistema internazionale di monitoraggio dei diritti umani mostra che ha molte cose da nascondere, con l'aperta complicità della Francia e anche della Spagna, che in fondo è responsabile di aver avviato questa tragedia con i cosiddetti "Accordi di Madrid" del 1975.

*) Jorge Alejandro Suárez Saponaro, corrispondente di Diario El Minuto per Argentina / ECS

Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

https://www.resistenze.org/sito/te/po/sa/posaki28-023114.htm

 

 

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